I PISANI AD ACRI (Palestina).
Il patronato dell'ospedale dello Spirito Santo

Negli anni Venti del Duecento il Comune di Pisa amministrò una propria curia e il patronato di un ospedale ad Accon-Acri sulla costa della Palestina a nord di Haifa.
La curia l’aveva ottenuta grazie a fattivi aiuti militari forniti alla città e i riconoscimenti erano giunti dai re durante la terza crociata (1189-1192). Fatto che non sarebbe accaduto nella quarta (1202-1204) combattuta in Dalmazia e a Costantinopoli e nella quinta che giunse ad Acri (1217) ma poi trasmigrò verso l’Egitto e Damietta (1219-1221).
Negli anni Venti si sapeva però che l’imperatore Federico II stava promuovendo la sesta spedizione. Ma, arrivato ad Acri il 7 settembre 1228, l’avrebbe conclusa l’anno dopo per via ‘diplomatica’.

In quale modo dunque il ‘compenso’ dei pisani giunse durante la terza crociata?

Con il sistema dei privilegi o le convalide di prerogative passate.
Uno dei più notevoli era stato quello del 19 novembre 1189, concesso dalla regina Sibilla di Gerusalemme e da Guido di Lusignano durante l’assedio per la riconquista della città, confermato da Riccardo Cuor di Leone il 13 ottobre 1191 (altri scrivono 1192). Fu motivato dal fatto che le navi e i soldati pisani erano stati di aiuto ed occorreva ricompensare il comune al cui servizio combattevano ...
Oggetto del privilegio in perpetuo era stata la “terram” in Accon con case e chiese, forni, bagno e gli edifici fondati dal capo “Furoris” fino a porta di Sant’Andrea e fuori dalla porta fino a Tarsana e al mare, e alla catena di traverso al porto e al mare del Borgo Nuovo, comprese le case dei pisani in quest’ultima zona.
Non solo. Il privilegio comprese il “Cabor” con le pertinenze, un giardino già di Antelmo e un mulino sul fiume dalla parte di San Nicola. E soprattutto – vi si legge – accordò ai pisani l’uso di tutte le proprie misure di peso e di capacità, una curia (di giudizio) e le libertà di entrare e uscire nel regno di Gerusalemme sia per mare che per terra.

Nel 1248 tuttavia di questo e di altri importanti “diplomi” molto doveva essere stato dimenticato o in procinto di esserlo. Di conseguenza un ‘nemico’ della città poteva insinuare dei dubbi sui suoi diritti in Acri. Si era fatta d’altronde evidente la declinante stella militare dell’imperatore Federico II che sarebbe deceduto nel 1250.
Quale altro regnante amico avrebbe potuto rinnovarli? Ed ecco che il pisano Benincasa del fu Leonardo Cascinese, notaio proprio del “domini Frederigi invictissimi romanorum imperatoris”, si recò ad Acri e cercare, scrivere e autenticare le carte dei privilegi. In una in particolare fece una premessa sulla fragile memoria degli uomini e proprio sulla volontà della sua città di confermare con la scrittura le prerogative avute dai re tramite atti pubblici.
“Quorum unius talis est tenor ...” – è tale il tenore di uno di questi ...

Siamo nel 1227 e in tale data – ricorda l’atto – si faceva manifesto a tutti la dichiarazione di un frate dell’Ordine dei Crociferi, prete Piero, maestro e rettore “hospitalis Sancti Spiriti”, uomo vecchio, malato, ma lucido di testa – “infirmus corpore mente verus sanus existens”.
Era una cosa importante che andava fatta e in questo l’uomo aveva avuto il consenso e la volontà dei suoi frati e delle sue suore, i cui nomi sono riportati: prete Bono, Martino, Alberto, Omodeo, Giovanni, Perettino, Peronella, Borghese e Guglielma.
Infatti nella carta riconosceva e confessava che il pezzo di terra dove era fondato l’ospedale era stato dato a tal fine da Mainardo Tignoso pisano a nome del comune di Pisa. Il luogo era stato poi occupato dai francesi, recuperato dal re d’Inghilterra e da lui restituito con le case al detto comune affinché vi esercitasse il suo legittimo diritto.
Pertanto nel 1227 ne dichiarava ancora patroni i pisani e per loro i consoli Puccio Minestra, Pipino del fu Cenetto e Bolgarino di Rainaldo, “salvo iure et potestate et reverentia ordinis Cruciferorum et magistri predicti ordinis commorantium in diocesim Bononiensium [l’Ordine aveva la sede principale a Bologna] et salvo iure patronatus ...” dei consoli.
I quali naturalmente avevano confermato la cura e la custodia dell’ospedale a prete Piero e ai Crociferi.
Nel 1227 tale dichiarazione, che riaffermava proprio dei privilegi dei quali si certo già allora si cominciava ad avere vaga memoria, fu scritta presso la piccola istituzione di beneficenza, presenti numerosi testimoni: Enrico da Quosa, Aiuto da Gombo, prete Iacopo e prete Leonardo della chiesa di San Pietro di Acri detta anche “dei Pisani”, prete Angelo, Benenato Rosso, Francardo Lungo, Bernardo notaio da Vico e Riccardo del fu Tancredi.
A conferirle maggior solennità fu minita anche del sigillo di piombo “nostre domus”.
E in ogni sua parte fu letta e autenticata nel dal notaio Benincasa nella chiesa di San Pietro alla presenza di Roberto di Tornulo, Gontulino da Ponte e altri.
Nel 1248 Benincasa fu preciso nel suo mestiere e ne descrisse pure il sigillo dove era “inpressa quedam ymago eis dicti hominis tenentis in dextera manu quandam crucem et in sinistra quendam librum”; e dove, da un lato, erano incise le lettere “+ s. Sancti Spiritus cruciferum Accon” e dall’altro “quedam crux erat impressa”.
Il notaio confermò poi che il testo era “non vitiato, non cancellato, non abolito” e né in alcuna parte rasato e che agiva “de mandato” del nobile Guidone di San Cassiano del fu Gallo console “comunis pisanorum Accon et totius Syrie” – del comune dei pisani di Acri e di tutta quanta la Siria.



Paola Ircani Menichini, 5 novembre 2021 2021
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RICONOSCIMENTI


Le fotografie


– Lo stemma dei Crociferi, Venezia Cannaregio, da Venice Cafè.

– Una suggestiva immagine della vecchia Acri, da DeviantArt.

– Riccardo Cuor di Leone su un cavallo bianco mentre combatte il Saladino sopra un cavallo nero, 1831, Metropolitan Mueum of New York.

– Particolare dell’atto che ricorda l’ospedale dello Spirito Santo di Acri.

– Una cartolina di Acri, da Pinterest.


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